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ENFITEUSI

L’enfitèusi (dal latino tardo emphyteusis, a sua volta dal greco ἐμφύτευσις che è da ἐμφυτεύω, «piantare, innestare»; e perciò «locazione per piantagione e frutto») è un diritto reale di godimento su un fondo di proprietà altrui, generalmente agricolo, secondo il quale il possessore (enfiteuta) ha la facoltà di godimento pieno (dominio utile) sul fondo stesso, ma per contro deve migliorare il fondo stesso e pagare inoltre al proprietario (direttario o concedente) un canone annuo in denaro o in derrate.

Retaggio del diritto romano, tale istituto trae le sue origini dalla figura dell’ager vectigalis (lett. campo di vettigale quindi tassato) ovvero da una forma di divisione dell’ager publicus, che, costituito perlopiù da terre sottratte alle popolazioni italiche assoggettate dai romani, veniva in parte distribuito tra i coloni militari – cui erano destinate le terre già coltivate – o lentamente occupato dai cittadini (nel caso delle terre incolte) con il benestare della Repubblica.

L’enfiteusi è, fra i diritti reali su cosa altrui, quello di più esteso contenuto, al punto di essere stato considerato nei secoli precedenti come una forma di “piccola proprietà” e secondo la dottrina dominante è il proprietario ad avere un diritto subordinato a quello dell’enfiteuta, (tant’è che tuttora si ritiene che il cosiddetto “dominio utile” spetti all’enfiteuta, a differenza del caso di usufrutto, in cui il dominio utile spetta al nudo proprietario).

Il livellario o enfiteuta è colui al quale spetta il godimento di un bene che però non gli appartiene, infatti la concessione di un qualunque bene non scaturisce in un’acquisizione automatica della proprietà. La proprietà resta sempre in capo al concedente, detto anche direttario fino a quando il livellario non chiede l’affrancazione del canone e diventa in questo caso, proprietario del bene.

Una conferma normativa si ha nella disciplina del rinvenimento del tesoro, che spetta al nudo proprietario in caso di usufrutto mentre spetta all’enfiteuta nel caso di enfiteusi.

L’enfiteusi è un diritto perpetuo o, se è previsto un termine, ha durata non inferiore a venti anni. Non è però suscettibile di subenfiteusi. Ha per oggetto tradizionalmente fondi rustici, ma dalla legislazione speciale è stata estesa anche ai fondi urbani.

L’enfiteusi si estende anche ai fabbricati edificati su terreni gravati da canone enfiteutico, ossia tutto ciò che è costruito su terreno gravato da canone enfiteutico diviene gravato dal canone anch’esso per accessione. Tale diritto, inoltre, è suscettibile di comunione (“coenfiteusi”), ma non può costituirsi su una quota del fondo indiviso, giacché l’obbligo di migliorare il fondo presuppone la piena materiale disponibilità di questo da parte dell’enfiteuta.

Sul fondo l’enfiteuta ha la stessa facoltà di godimento che spetta ad un proprietario (art. 959 c. c.), ma con due obblighi specifici:

  1. di migliorare il fondo;
  2. di corrispondere al nudo proprietario (“concedente”) un canone periodico (una somma di danaro ovvero una quantità fissa di prodotti naturali), per la cui determinazione l’autonomia delle parti è vincolata dai criteri previsti dalle leggi speciali in materia.

A questo proposito, distinguiamo la determinazione del canone in base alla tipologia di enfiteusi:

  1. enfiteusi su fondo agricolo: la normativa prevede che la misura del canone non può essere sproporzionata rispetto al valore di mercato del bene su cui grava il livello, ma che questo sia periodicamente aggiornato mediante l’applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con una ragionevole approssimazione la corrispondenza all’effettiva realtà economica. (Corte costituzionale sent. 406 del 7 aprile 1988 e sent. 143 del 23 maggio 1997). Proprio in relazione a queste sentenze è stato dichiarato illegittimo il metodo di calcolo che prendeva il reddito dominicale come valore di riferimento, proprio perché obsoleto e non più rispondente agli attuali parametri di mercato (es. Valore Agricolo Medio).
  2. enfiteusi su fondo edificabile: il valore del canone di dette aree non può essere determinato sulla base delle enfiteusi rustiche onde evitare operazioni speculative, ma ad esso si deve pervenire applicando al valore dell’area considerata edificabile un equo saggio di rendimento (Consiglio di Stato parere n° 661/98 del 9 giugno 1998, Ministero delle finanze nota del 26 ottobre 2000(es. valore I.C.I.).
  3. enfiteusi su fondo edificato: i fabbricati costruiti su terreni gravati da livello non possono essere considerati migliorie (Avvocatura dello Stato nota n.8475 del 19.12.1991), l’attività di miglioria che è richiesta all’enfiteuta, deve ritenersi intrinsecamente connessa alla natura del fondo stesso; mentre esula completamente da ciò ogni attività di trasformazione edilizia (Consiglio di Stato parere n. 661/1998). Il fabbricato pertanto risulta acquisito per accessione dal concedente in quanto proprietario dell’area.

L’affrancazione è il diritto di acquisto della proprietà del fondo da parte dell’enfiteuta mediante il pagamento di una somma pari a quindici volte il canone annuo (art. 971 c.c.; in passato, era venti volte). Il diritto di affrancazione è un diritto potestativo dell’enfiteuta: il concedente non può rifiutarsi di prestare il proprio consenso. È infatti vero anche l’inverso, ossia che il concedente non può obbligare il livellario ad affrancare se quest’ultimo intende pagare il canone annuo. L’atto di affrancazione è un negozio giuridico unilaterale.

Il contratto di subenfiteusi è vietato dal codice civile siccome l’enfiteuta non ha il diritto di stipulare questo subcontratto: infatti, il fine ultimo dell’enfiteusi è il miglioramento del fondo e non la mera attività speculativa. Pertanto, il contratto di subenfiteusi è nullo.

L’estinzione dell’enfiteusi si ha per alcune cause di tipo generale:

  • per scadenza dell’eventuale termine:
  • per distruzione del fondo (art. 963 C.C)
  • per prescrizione estintiva, di durata ventennale (art. 970 C.C);
  • per consolidazione.

Si ha poi per altre due cause, che operano in modo specifico nei confronti dell’enfiteusi:

  • la devoluzione: è la cancellazione del diritto dell’enfiteuta con il conseguente recupero della piena proprietà da parte del concedente. Può determinarsi per gravi inadempienze dell’enfiteuta come la violazione dell’obbligo di migliorare il fondo o il mancato pagamento di due annualità del canone (art. 972 C.C). Dopo la devoluzione , e in ogni altro caso il cui concedente recupera la piena proprietà, deve rimborsare all’enfiteuta miglioramenti e addizioni lasciati al fondo (art. 975 C.C). A garanzia del rimborso che gli spetta , la legge dà all’enfiteuta un diritto di ritenzione : finché non riceve il rimborso, l’enfiteuta può rifiutarsi di riconsegnare il fondo al concedente (art. 975 C.C).
  • l’affrancazione: è un meccanismo che consente all’enfiteuta di diventare proprietario del fondo , pagando al concedente una somma pari a 15 volte il canone annuo. Decidere se affrancare il fondo è un diritto potestativo dell’enfiteuta.

Fra domanda di devoluzione ed affrancazione prevale la seconda (art. 972 C.C.).

Una causa di estinzione dell’enfiteusi è il perimento totale del fondo (art. 963 C.C.).

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